Articoli

Scrivo occasionalmente su riviste e giornali del cuneese. Credo nell’importanza dell’editoria, locale e nazionale, per preservare quanto  ancor resta di democrazia in Italia. Le dittature sono di molti tipi differenti, più o meno sanguinarie e repressive, militari o teocratiche, mascherate o aperte. Tutte, però, hanno una cosa in comune: l’attacco alla libertà di stampa e di opinione.
Mio nonno materno era tipografo ed è morto a Mauthausen E’ finito nel campo di sterminio nazista proprio perchè, in tempi di guerra e terribile repressione, si ostinava a stampare parole di libertà. Per questioni anagrafiche non l’ho conosciuto, ma cerco sempre, quando uso penna o tastiera, di tener ben presente il suo esempio e di essere fedele alle esigenze di libertà e verità.
Non sono giornalista, non riuscirei a scrivere su comando. Gli amici che dirigono le testate a cui occasionalmente collaboro, conoscono questi miei limiti e, con gentilezza e comprensione, accettano che io invii loro le mie divagazioni scritte ai ritmi imposti dalla mia discontinua lucidità mentale e sui temi che in quel momento mi interessano.

Imu sui terreni agricoli di bassa valle

Anni fa, quando da parte di qualcuno era di moda parlare di “valori non negoziabili” riferendosi spesso a discutibili norme etiche, un uomo di fede aveva fatto osservare che per il cristiano i valori davvero irrinunciabili si possono riassumere in due sole parole: l’onestà e la fraternità.  
Condivido pienamente questa affermazione, anche perchè i due termini messi insieme comprendono l’intera gamma dei comportamenti relazionali, morali e personali e rendono inutili ulteriori dettagli e norme spicciole.

Yuk! No, Iuc

Iuc è un suono onomatopeico che ricorda un po’ Walt Disney.
E’ l’intercalare solito di Pippo (yuk-yuk!) ed esprime un misto fra apprezzamento e soddisfazione. Nella fantasia sfrenata dei nostri legislatori è invece diventato l’acronimo di una nuova tassa: l’Imposta Unica Comunale.  Tributo appena nato, dopo una lunga e complicata gestazione, ma che rischia di battere tutti i record di complicazione e assurdità fiscale.

Ginnastica per invecchiare meglio

Invecchiare bene è questione di genetica, di fortuna e di ginnastica.
Per i primi due fattori possiamo farci poco, il terzo dipende anche dalla nostra volontà. Non sto parlando di flessioni e piegamenti, peraltro utili soprattutto per chi ha la sfortuna di non avere orti, frutteti, giardini, boschi e case cadenti che lo obbligano a quotidiani esercizi all’aria aperta. Neppure mi riferisco alla ginnastica mentale, parole crociate, enigmistica, giochi di memoria, sudoku e altri espedienti per rallentare l’invecchiamento dei pochi neuroni superstiti e magari tenere alla larga il compagno Alzheimer.

Lampouret

Lampouret (o meglio l’Ampouret) è un toponimo, anzi, per la precisione, è un “fitonimo”, cioè un nome di luogo che deriva da quello di una pianta. E’ il posto in cui crescono i lamponi, le “ampoule”. Capita spesso nelle nostre valli, dove ogni luogo, prato, campo, bosco, è stato battezzato col proprio nome, molto prima che arrivassero Catasti e mappe a trasformare tutto in aridi numeri.

Prima persona singolare

Cambiare è un verbo difficile, soprattutto se coniugato alla prima persona singolare (la seconda, come capita spesso, è molto meno problematica, la terza, tutto sommato, ci vede spettatori paganti, ma non attori).
E’ un verbo necessario, anzi, “ineludibile”, come titolava l’editoriale della scorsa settimana. Lo spiegava già nell’Ottocento Charles Darwin, anche se con termini diversi: chi non cambia resta spesso travolto dalla piena del cambiamento che lo circonda ed è destinato ad affogare.

Trilogia del rottamatore

Rottamare, rottamazione, rottamatore sono brutti neologismi figli di una società dello spreco, dell’usa e getta, del vuoto a perdere e dell’obsolescenza programmata. Sono anche una bestemmia contro l’ambiente, il lavoro contenuto negli oggetti e la povertà sempre troppo (e troppo inegualmente) diffusa.
Quando poi si pretende di rottamare uomini e idee, il verbo assume aspetti sinistri e preoccupanti. Per questo, senza alcun riferimento a cose o persone di pubblica notorietà, mi è venuto voglia di giocare un po’ con queste parole dissonanti, facendomi aiutare da due branche del moderno sapere scientifico di cui, naturalmente, conosco ben poco e da una disciplina umanistica che è ancora più lontana dal mio settore di teorica competenza.

Lanterne magiche e fili di seta

Bonaventura Nicolis conte di Brandizzo è stato Intendente Generale (una carica simile a quella dell’attuale Prefetto) dal 1750 al 1763 e ci ha lasciato una lunga Relazione “su ogni città e terra posta nella provincia di Cuneo”. Un documento di 800 pagine scritte di suo pugno e conservato nella Biblioteca Reale di Torino che arriva a noi grazie alla pazienza “certosina” della signora Angelberga Rollero Ferreri e all’opera di supervisione di Giuseppe Griseri. Un lavoro di trascrizione degno degli antichi amanuensi, frutto di innumerevoli viaggi a Torino, di panini mangiati in fretta e di lunghe ore alla macchina da scrivere, in epoche lontane dalle scorciatoie digitali.

In viaggio per archivi 10,11,12

Come abbiamo visto in precedenza, nel 1800 a Castelmagno saliva regolarmente un giudice conciliatore per risolvere le numerose liti fra gli abitanti.  Così in archivio troviamo sentenze relative a un attrezzo prestato e non restituito, a minuscoli debiti non pagati, a qualche albero tagliato abusivamente. Cose talmente piccole che ora ci fanno sorridere e ci sembrano il retaggio di una società povera e delle classiche beghe di paese. Ma prima di liquidarle con aria di commiserazione, vale forse la pena riflettere un attimo sul significato di queste “curiosità”.

In viaggio per archivi 7,8,9

Una montagna sovrappopolata che, pur con una buona capacità di sfruttare a fondo le risorse e con quantità di fatica oggi impensabili, non riusciva a nutrire tutti i suoi abitanti: questa è in estrema sintesi la realtà delle nostre valli fino a novecento inoltrato. Per sopravvivere bisognava emigrare, cercando altrove quello che non si poteva trovare a casa propria.
L’emigrazione stagionale è sempre stata un fenomeno connaturato con le caratteristiche dell’agricoltura montana di un tempo, che richiedeva enormi quantità di lavoro nel breve periodo estivo, ma obbligava a lunghi mesi di quasi inattività invernale. Scendere in pianura o andare all’estero nella brutta stagione era il modo per procurarsi da mangiare, ottenere un po’ di denaro e contemporaneamente occupare il tempo morto dei mesi freddi. Spesso era questione di vera e propria sopravvivenza, come ci raccontano i numeri delle produzioni agricole.

In viaggio per archivi 4,5,6

Attraverso i resoconti annuali della settecentesca tassa sul sale possiamo vedere, sullo sfondo, una società sempre più povera e affamata e uno stato, quello dei Savoia, che dalla lontana Torino attua una politica di rigore e di crescente controllo burocratico, contribuendo all’aggravarsi della crisi.
Se non facciamo caso alle date e operiamo le opportune traduzioni relative al contesto, ci possiamo rendere conto che si tratta di storie vecchie, ma sempre attuali. Cambiano modalità, strumenti, metodi, ma la sostanza rimane: uno stato che nei momenti difficili, invece di seguire la logica e rilanciare l’economia abbassando le tasse, si accanisce a spremere i cittadini facendo incancrenire la crisi, con risultati suicidi, oltre che dolorosi.