Diritto di parola

Di montagna dovrebbero parlare i montanari. In un mondo ideale ognuno dovrebbe limitarsi a comunicare ciò di cui ha una reale esperienza di vita. Questo vale soprattutto per parole che sono accompagnate dal peso del consiglio, del giudizio, del tentativo più o meno velato di condizionamento. Chi non ha provato sulla sua pelle condizioni di fatica, frustrazione, disagio, emarginazione, rabbia, strettamente collegate con la vita e l’agricoltura in montagna, non si è guadagnato il diritto di parola, ma solo quello di chiacchiera. Fra i due termini non corre relazione di parentela, anche se spesso li confondiamo e li associamo. La parola costruisce, la chiacchiera distrugge, la parola unisce e comunica, la chiacchiera divide, la parola reca sollievo, la chiacchiera appesantisce. La parola è materia prima delle cose, di cui ha la medesima consistenza e il medesimo peso specifico, la chiacchiera è solo un vuoto a perdere, un ingombro superfluo con relative difficoltà e costi di smaltimento (non è ancora previsto un servizio porta a porta che ci liberi dall’accumulo di chiacchiere).
I convegni sulla montagna si susseguono, con tematiche più o meno interessanti, ma col risultato di costruire spesso una montagna di parole o di luoghi comuni. In questa babele di voci che si sovrappongono, fra quelli di politici, studiosi, giornalisti, mancano spesso proprio le testimonianze dei diretti interessati, in genere occupati in compiti di ben altra concretezza, legati alla sopravvivenza quotidiana, e poco propensi a unirsi a un coro di cui percepiscono stonature e artificiosità.
I protagonisti veri della montagna di ieri, quelli che ancora hanno vissuto una fetta importante della loro vita in una società agricola che traeva il proprio sostentamento da terra e animali, inseguendo il difficile obiettivo dell’autosufficienza alimentare in un ambiente ostico, sono ormai pochi e anziani. Non vanno ai convegni e non parlano in pubblico, ma in tema di vita sui monti sono gli unici ad avere davvero qualcosa da dire e a poter vantare la pienezza del diritto di parola.
Mi è capitato di incontrare e di ascoltare qualcuna di queste voci vere della montagna e vorrei riportarle il più fedelmente possibile, senza aggiunte o sottrazioni, ritagliandomi il ruolo neutro di semplice registratore e trascrittore. In molti casi si tratta di testimonianze, di ricordi di vita e tempi passati, ma a volte c’è qualcosa di ancor più prezioso, che prende la forma di una storia da raccontare o di favole sentite da bambina e trascritte su un quaderno a righe perché continuino a vivere nel passaggio fra generazioni.