Le storie e la Storia 10,11,12

In comuni piccoli, come Pradleves o Moiola, la confratria riuniva tutta la popolazione, mentre in realtà più grandi, come Demonte, nacquero diverse confratrie, ognuna delle quali rappresentava un gruppo di famiglie legate da vincoli di interessi e spesso di parentela.

Le storie e la Storia 7,8,9

La tensione fra “beni comuni” e “beni della Comunità” percorre i secoli e lascia abbondanti tracce nei documenti d’archivio. Da una parte il diritto consuetudinario di usare boschi e pascoli come indispensabile complemento ai pochi appezzamenti privati, dall’altra la necessità delle Comunità, spinte dai debiti, dalle guerre, dalla fiscalità ducale e più tardi, direttamente obbligate dalla burocrazia sabauda, di far rendere le proprie risorse, vendendole, affittandole o tassandole.

Le storie e la Storia 4,5,6

Passata la tempesta della grande epidemia di peste ci fu una notevole ripresa economica, agricola e demografica. E’ proprio a quel periodo di fine 1600 che risale la nascita di molte delle nostre borgate.
La risposta naturale alla crescita della popolazione in una società agricola basata sull’autosufficienza è un processo di espansione e di intensivizzazione. Si cerca cioè di procurarsi le maggiori quantità di cibo necessarie per i nuovi abitanti mettendo a coltura terreni non sfruttati in precedenza e usando tecniche che consentono di aumentare la resa di quelli già coltivati (irrigazione, concimazione, rotazioni, nuove colture).

Le storie e la Storia 1,2,3

Imparare è una delle cose più belle dell’esistenza. Un piacere che non viene attenuato dall’avanzare dell’età, anzi, può essere una risorsa preziosa proprio quando il fisico comincia a perdere colpi. È anche un buon antidoto ai mali di stagione che accompagnano il passare degli anni.
Motore dell’imparare è la curiosità, il carburante è la pazienza, la condizione indispensabile è la libertà. Il tempo verbale imperativo non si addice a questa attività: per costrizione si impara male e senza alcun piacere. Per questo motivo, spesso, nei lunghi anni dell’obbligo scolastico si impara poco.
La conoscenza è un fluido, come il vino o l’olio e quindi imparare è un travaso, un passaggio. Si impara sempre da qualcuno, vicino o lontano, presente o passato. Per questo, quando si impara qualcosa, qualsiasi cosa, si contrae un debito: l’obbligo di trasmettere quanto si ha ricevuto ad altri, di continuare la catena, di non interromperla.

Imu sui terreni agricoli di bassa valle

Anni fa, quando da parte di qualcuno era di moda parlare di “valori non negoziabili” riferendosi spesso a discutibili norme etiche, un uomo di fede aveva fatto osservare che per il cristiano i valori davvero irrinunciabili si possono riassumere in due sole parole: l’onestà e la fraternità.  
Condivido pienamente questa affermazione, anche perchè i due termini messi insieme comprendono l’intera gamma dei comportamenti relazionali, morali e personali e rendono inutili ulteriori dettagli e norme spicciole.

Yuk! No, Iuc

Iuc è un suono onomatopeico che ricorda un po’ Walt Disney.
E’ l’intercalare solito di Pippo (yuk-yuk!) ed esprime un misto fra apprezzamento e soddisfazione. Nella fantasia sfrenata dei nostri legislatori è invece diventato l’acronimo di una nuova tassa: l’Imposta Unica Comunale.  Tributo appena nato, dopo una lunga e complicata gestazione, ma che rischia di battere tutti i record di complicazione e assurdità fiscale.

Lampouret

Lampouret (o meglio l’Ampouret) è un toponimo, anzi, per la precisione, è un “fitonimo”, cioè un nome di luogo che deriva da quello di una pianta. E’ il posto in cui crescono i lamponi, le “ampoule”. Capita spesso nelle nostre valli, dove ogni luogo, prato, campo, bosco, è stato battezzato col proprio nome, molto prima che arrivassero Catasti e mappe a trasformare tutto in aridi numeri.

Prima persona singolare

Cambiare è un verbo difficile, soprattutto se coniugato alla prima persona singolare (la seconda, come capita spesso, è molto meno problematica, la terza, tutto sommato, ci vede spettatori paganti, ma non attori).
E’ un verbo necessario, anzi, “ineludibile”, come titolava l’editoriale della scorsa settimana. Lo spiegava già nell’Ottocento Charles Darwin, anche se con termini diversi: chi non cambia resta spesso travolto dalla piena del cambiamento che lo circonda ed è destinato ad affogare.

Lanterne magiche e fili di seta

Bonaventura Nicolis conte di Brandizzo è stato Intendente Generale (una carica simile a quella dell’attuale Prefetto) dal 1750 al 1763 e ci ha lasciato una lunga Relazione “su ogni città e terra posta nella provincia di Cuneo”. Un documento di 800 pagine scritte di suo pugno e conservato nella Biblioteca Reale di Torino che arriva a noi grazie alla pazienza “certosina” della signora Angelberga Rollero Ferreri e all’opera di supervisione di Giuseppe Griseri. Un lavoro di trascrizione degno degli antichi amanuensi, frutto di innumerevoli viaggi a Torino, di panini mangiati in fretta e di lunghe ore alla macchina da scrivere, in epoche lontane dalle scorciatoie digitali.

In viaggio per archivi 10,11,12

Come abbiamo visto in precedenza, nel 1800 a Castelmagno saliva regolarmente un giudice conciliatore per risolvere le numerose liti fra gli abitanti.  Così in archivio troviamo sentenze relative a un attrezzo prestato e non restituito, a minuscoli debiti non pagati, a qualche albero tagliato abusivamente. Cose talmente piccole che ora ci fanno sorridere e ci sembrano il retaggio di una società povera e delle classiche beghe di paese. Ma prima di liquidarle con aria di commiserazione, vale forse la pena riflettere un attimo sul significato di queste “curiosità”.