Articoli

Scrivo occasionalmente su riviste e giornali del cuneese. Credo nell’importanza dell’editoria, locale e nazionale, per preservare quanto  ancor resta di democrazia in Italia. Le dittature sono di molti tipi differenti, più o meno sanguinarie e repressive, militari o teocratiche, mascherate o aperte. Tutte, però, hanno una cosa in comune: l’attacco alla libertà di stampa e di opinione.
Mio nonno materno era tipografo ed è morto a Mauthausen E’ finito nel campo di sterminio nazista proprio perchè, in tempi di guerra e terribile repressione, si ostinava a stampare parole di libertà. Per questioni anagrafiche non l’ho conosciuto, ma cerco sempre, quando uso penna o tastiera, di tener ben presente il suo esempio e di essere fedele alle esigenze di libertà e verità.
Non sono giornalista, non riuscirei a scrivere su comando. Gli amici che dirigono le testate a cui occasionalmente collaboro, conoscono questi miei limiti e, con gentilezza e comprensione, accettano che io invii loro le mie divagazioni scritte ai ritmi imposti dalla mia discontinua lucidità mentale e sui temi che in quel momento mi interessano.

La “nostra” terra

Questo strano inverno svuotato da freddo e neve, a mezzo fra un autunno invecchiato male e una primavera cresciuta troppo in fretta, favorisce l’esercizio del pedale. La bicicletta, al riparo -per ora- dalla furia rottamatrice di assessori nostrani e dalla mania euro-omologatoria dei burocrati di Bruxelles, ci consente di godere di questo acconto di tepore senza dover fare i conti con la quotazione del brent, gli umori dell’Opec e la rincorsa fra accise e liberalizzazioni. E, soprattutto, senza rimorsi per le decine di migliaia di morti in Iraq, prezzo del nostro petrolio facile…

Aria pesante

Sarà per l’aria calda di quest’inverno che non ci ha ancora regalato neve e gelo a ripulire polmoni e mente e spazzar via fumi, nebbie e malinconia.
Sarà per il metabolismo affaticato dei cinquant’anni suonati, il corpo che inizia a cigolare come un cuscinetto grippato, a lamentarsi come un asino stanco.
O sarà per questo arcipelago di morti e tristezze che incrocia quotidianamente la nostra rotta, tanto fitto da non fare più notizia, da trasformare la tragedia in statistica…

Giornale radio

Non possiedo televisione, né l’ho mai avuta da quando ho l’uso di ragione.
Quindi in casa mia non entrano le facce da schiaffi di politici e imbonitori vari in vena di autopromozione. Ma sento il giornale radio e devo sorbirmi comunque l’invadenza (se non visiva, sonora) dei parolai di professione.
Ieri sera ho dovuto alzarmi a metà cena per spegnere l’apparecchio e non farmi rovinare la digestione dal sermone non richiesto di Camillo Ruini…

Tnì da cunt

E’ uno di quei ricordi rimasti incagliati nella memoria per le strane alchimie dei nostri bizzarri neuroni. Risale a quasi cinquant’anni fa. Mio nonno mi teneva per mano: il suo passo da arzillo vecchietto doveva rallentare per adattarsi alle mie gambe ancora corte di bambino. Via Garibaldi, a Borgo, era vuota di macchine e popolata di persone in un rapporto di proporzionalità inversa rispetto ad oggi, tanto da consentirci di passeggiare in mezzo alla strada…

Un viaggio di ritorno

Dopo molti viaggi in bici per andare da qualche parte, questa volta facciamo un viaggio per tornare. La meta è l’Italia, il punto di partenza Bratislava. In mezzo tanta acqua (e non solo nel senso, ahimè, di pioggia…): due fiumi, il Danubio e l’Inn ci indicheranno la strada di casa. Contro corrente, ma soprattutto, contro vento e contro il flusso dei colleghi ciclisti, più propensi a seguire la logica e la forza di gravità…

Riflessioni di un pellegrino pentito

Luigi è arrivato a Santiago all’inizio dell’estate del 94 con la sua bicicletta. Quel mattino a ritirare la Compostela, il sospirato pezzo di carta attestante la conclusione del pellegrinaggio effettuato secondo le dovute regole, erano in quattro. Nel luglio del 99 la coda per avere il papiro rilasciato dal Capitolo in lingua latina occupava due rampe di scale e fuoriusciva sulla strada…

Una notte alla barma

Una notte alla barma
( riflessioni sull’isola che non c’è)
Melville, autore di Moby Dick, ci era arrivato quando era ancora un ragazzo, dopo mesi di viaggio su una lenta nave a vela. La vita del mozzo, a bordo di una piccola baleniera di metà ottocento doveva essere tutt’altro che romantica: lavori durissimi, disciplina ferrea, promiscuità, solitudine…

Chi taglierà  i rovi?

La montagna è per molti di noi un luogo di svago, di riposo, di incontri, un’esigenza di allontanarsi per un po’ da certi aspetti sempre più disumani della nostra vita quotidiana e di ritrovare noi stessi. In montagna tutti noi “ci andiamo” soli o in compagnia ma, al di là di questo, è ancora possibile “viverci” oppure è destinata a diventare solo una valvola di sfogo per cittadini frustrati, un polmone verde per paesi sempre più grigi, o peggio, un’area di passaggio, possibilmente veloce?