Birra 2: una birra del territorio

La cultura del vino è strettamente legata al territorio in ogni sua fase, dalla coltivazione della vite, alla vendemmia, ai processi di vinificazione, conservazione e invecchiamento. Nei decenni scorsi, anche per merito di alcuni “padri nobili” dei grandi rossi di Langa si è capito che il vero valore aggiunto di un vino di qualità è proprio questo legame con la terra di origine.
Per la birra, anche per mancanza di una tradizione secolare, questo processo è appena iniziato e, per certi versi, si può dire che sia iniziato dalla fine. Negli ultimi anni si sono affermate molte realtà artigianali, anche di grande valore, ma si sono concentrate sulla fase di lavorazione di malti d’orzo, luppoli e lieviti spesso di provenienza estera. La stessa birra Menabrea, che da Biella ha fatto da apripista, già a metà dell’Ottocento, delle prime realtà industriali italiane, si rifornisce di luppoli dalla Baviera e di malto dalla Francia. Anche le materie prime a disposizione degli hobbisti sono quasi sempre di provenienza straniera: Germania, Inghilterra, Belgio, USA, perfino la lontana Australia.
Continuando il paragone con il vino, sarebbe come se i produttori di nebbiolo e dolcetto comprassero uve o mosti dall’estero e si limitassero alla fase di vinificazione, una cosa che farebbe inorridire tutti gli estimatori del buon vino nostrano.
Anche per la birra, credo, si dovrà arrivare allo stesso stretto rapporto con le zone di produzione, e, anche se la strada da percorrere è ancora lunga, qualcosa si sta muovendo in questa direzione.
La materia prima per la fabbricazione della birra è l’orzo, quasi sempre distico, cioè con due soli grandi semi per ogni fila della spiga. I chicchi vengono messi a mollo in acqua e si inizia quella che sarebbe la germinazione, in modo che gli enzimi presenti trasformino l’amido in maltosio, uno zucchero solubile e quindi fermentabile. Quando il processo è terminato, si blocca la germinazione seccando quello che ora prende il nome di “malto”. L’essicazione può essere dolce, a bassa temperatura, oppure può arrivare a gradazioni elevate, fin quasi a tostare i chicchi. Nel primo caso avremo birre chiare, nel secondo una tonalità sempre più scura in proporzione al calore usato nel procedimento. Il malto essiccato viene poi macinato grossolanamente e messo in acqua calda per la fase detta di “estrazione”. Il risultato è appunto l’estratto di malto che sarà la base per la “cotta” con cui si otterrà la birra.
Nella fase di bollitura si aggiunge il luppolo, che serve per dare aroma e gusto amaro alla bevanda. Il luppolo non è altro che il nostro “uvertìn” che cresce nei terreni marginali e di cui a primavera si possono mangiare i teneri germogli. I suoi fiori femminili essiccati, a forma conica, hanno sempre accompagnato la fabbricazione della birra, fin dal Medio Evo, anche per il loro potere antimicrobico che aiutava nella conservazione della bevanda. Oggi ne esistono molte varietà che si distinguono, oltre che per l’aroma, soprattutto il diverso grado di amaro.
Sia l’orzo che il luppolo crescono molto bene nei nostri terreni e sarà importante selezionare varietà locali adatte al nostro clima. In realtà questo processo è già iniziato, e parallelamente alla grande diffusione di birrifici artigianali sono cominciati i primi tentativi di coltivazione delle materie prime necessarie alla produzione.
Chi gironzola nella bella pianura fra Caraglio e Dronero può vedere ormai da qualche anno alcune belle coltivazioni di luppolo, con gli altissimi pali di castagno a reggere i sostegni necessari per questa pianta rampicante.
Sarebbe bello che queste coltivazioni prendessero piede e che col tempo si arrivasse a selezionare o addirittura creare varietà davvero locali, sia di orzo che di uvertìn.
Vino o birra sono due modi diversi ma simili di alimentarsi bevendo e di accompagnare il pasto favorendo la buona socializzazione. Non li vedo in contrapposizione, ma, anzi, complementari e dal settore vinicolo noi aspiranti birrai, dilettanti o professionali dovremmo imparare l’importanza del legame col territorio e con la terra.
Da cui, in fondo, nasce tutto.

Pubblicato su La Guida del 23-3-023