Spiccioli di economia 2: Economia fa rima con democrazia

Dopo il drastico e necessario ridimensionamento di cui abbiamo parlato la volta scorsa, potrebbe sembrare che conoscere e studiare l’economia sia uno sforzo inutile e che ci siano modi più proficui per impiegare il nostro tempo e la nostra attenzione.
In realtà è vero proprio il contrario e, una volta capiti limiti e scopi, occorre sottolineare l’importanza vitale della comprensione dei meccanismi economici per poter essere cittadini a pieno titolo.
Se non si conosce l’economia si resta incapaci non solo di decidere e di interagire, ma anche di rendersi conto e di scegliere, col risultato di subire passivamente ogni abuso o di trasformare la frustrazione in rabbia cieca e controproducente.
Democrazia fa rima con economia e viceversa, sono due sorelle gemelle, l’una non può vivere senza l’altra. In un sistema democratico è il cittadino che si fa carico di prendere le decisioni attraverso rappresentanti scelti con libere elezioni. Per decidere è però necessario capire, non basta delegare. E non è neppure sufficiente lamentarsi, protestare o imprecare. Se non ci interessiamo a quanto succede ogni giorno, se non controlliamo con attenzione che eletti e amministratori meritino davvero la nostra fiducia, se non ci sforziamo di capire cosa sta davvero sotto alle decisioni che “ci piovono dall’alto”, ci rendiamo di fatto complici proprio di quel sistema che genera il nostro disgusto e la nostra rabbia.
Ma capire l’economia è più facile e interessante di quel che in genere si pensi. Come per tutte le cose, basta prenderla dal verso giusto.
In queste righe e nelle puntate seguenti cercherò di “chiacchierare” un po’ di argomenti economici. Per mia (e vostra) fortuna non sono un economista. Da giovane ho studiato agraria, cercando di recuperare quel sapere contadino, eredità di generazioni piantate nella terra, che ci sta scappando di mano. Nel corso di laurea c’erano diversi esami di economia, retaggio di tempi in cui il settore primario era la base produttiva della nazione. Li ho affrontati con scarso entusiasmo, come uno dei tanti mali necessari da superare per arrivare in fondo alla galera scolastica. Poi, mio malgrado, mi sono ritrovato, per i casi della vita, a insegnare materie economiche in scuole tecniche e mi sono accorto della bellezza nascosta e dell’importanza di argomenti che pensavo noiosi e teorici.
Nessun rischio, quindi, di un approccio serio e scientifico; nessuna pretesa di completezza o di sistematicità. Nessun tentativo di scrivere un mini trattato del vario sapere economico. L’intento è solo di fare una chiacchierata su svariati argomenti più o meno legati all’economia, saltando, come mia abitudine, di palo in frasca, procedendo per successive divagazioni e diluendo le inevitabili basi teoriche fra i mille argomenti pratici. Nessuna pretesa, quindi: solo “spiccioli” di economia, come quelli che ci appesantiscono le tasche quando torniamo da fare la spesa.
Nonostante queste prudenti dichiarazioni d’intenti, immagino di attirarmi, con queste mie future chiacchierate, critiche e contestazioni. Queste ultime sono benvenute: credo che i giornali, soprattutto locali, siano una delle ultime palestre di idee che ci restano per esprimere opinioni diverse e arricchirsi a vicenda con la bellezza della varietà di pensiero.
L’economia, a differenza di altre branche dell’umano sapere, è infatti materia “sensibile”, terreno di scontro ideologico, campo di battaglia di opposte scuole di pensiero. È territorio conteso, teatro di una guerra di idee che spesso crea i presupposti per trasformarsi in guerra vera. Non è argomento neutrale, proprio perché profondamente intessuto con la vita, le scelte, il futuro, la quotidianità, la politica, l’ambiente.
Anche per questo dobbiamo cercare di capire l’economia. Perché, come possiamo leggere nella Laudato sii, tutto è strettamente collegato: non c’è pace possibile senza giustizia e non c’è giustizia senza aver eliminato “le cause strutturali delle disfunzioni dell’economia mondiale”. Quelle stesse cause che sono alla base del degrado ambientale, dell’impoverimento del paesaggio, del logoramento delle relazioni.
La crisi che stiamo attraversando ci può rendere più consapevoli dell’impatto spesso devastante che le scelte economiche possono avere sulla nostra vita, su quella dei nostri cari e su quella di intere comunità e popoli. Impossibile chiamarsi fuori.
Qualcuno ha detto che se non ti occupi di politica sarà lei a occuparsi di te. Vale lo stesso anche per la sua sorella gemella, l’economia.
Vale, però, anche una considerazione quasi opposta.
Non possiamo non occuparci di economia, ma dobbiamo anche stare attenti a non farci occupare dall’economia, a mantenerla nei limiti corretti. È bestia da tenere al guinzaglio, ha natura invadente, dobbiamo evitare che occupi spazi non suoi, che soffochi tutto il resto, invadendo ogni settore e ogni momento dell’umana esistenza.
È bene ricordarsi che deve stare al suo posto, un gradino sotto rispetto a tante altre cose. Perché le relazioni, la cultura, la famiglia, gli amici, la libertà, l’attività intellettuale e spirituale… (tutto ciò che noi chiamiamo vita) sono sempre più importanti.

Pubblicato su La Guida del 7-12-017