Andare per borgate 5

Per godere al massimo della nostra gita nella montagna degli uomini dobbiamo aggiungere all’attività fisica alcuni altri ingredienti. Uno è senz’altro la conoscenza del territorio e delle sue componenti culturali, l’altro è l’immaginazione.
Le due facoltà sono complementari, l’immaginazione senza conoscenza è pura fantasia, la conoscenza senza immaginazione resta sterile e diventa nozionismo. Capire, studiare e ricercare ci aiuta anche a dare dimensioni realistiche alla nostra capacità di immaginare e immedesimarsi. I luoghi disabitati allora si popolano di uomini e donne, le volte a botte delle stalle ritrovano l’eco di muggiti e belati, i sentieri ci raccontano la fatica di muli e asini. L’immaginazione è sempre un ingrediente fondamentale, la cui mancanza può cancellare ogni altra prerogativa positiva. Molti problemi del vivere quotidiano di oggi sono dovuti proprio a carenze gravi di questa capacità in chi è preposto o delegato a prendere decisioni importanti. Senza lo sforzo di immaginare, si fatica a immedesimarsi nel prossimo e si finisce per decidere sulla base di freddi numeri, di posizioni ideologiche, o peggio, della propria convenienza personale.
Nelle nostre passeggiate dobbiamo quindi farci accompagnare dall’immaginazione, per rivedere come potevano essere questi luoghi pochi decenni fa, ricchi di persone e di animali, solcati da innumerevoli sentieri, pieni di voci, di canti, di richiami.
L’altro fattore indispensabile, la conoscenza, nasce dalla passione, dalla ricerca e dalla pazienza e richiede una preparazione. Come ogni bene prezioso e intangibile, si accresce con lo scambio, l’uso e la condivisione e richiede un piccolo, piacevole sforzo. E’ anche un investimento, perché ci permette di godere molto meglio delle nostre passeggiate e di apprezzare cose che altrimenti ci sarebbero sfuggite.
Conoscere per noi uomini è in qualsiasi settore sempre solo un tentativo, un cammino che non finiremo mai di  percorrere, col piacere sempre rinnovato dell’imparare e con la necessaria consapevolezza della propria inguaribile ignoranza.
L’approccio dell’uomo moderno alla conoscenza è specialistico. Ognuno sa sempre più cose di un settore sempre più piccolo, col rischio di perdere di vista l’insieme. Quello che ci serve, invece, è la capacità di spaziare in ambiti diversi e di metterli insieme (senza farne però un minestrone informe).
La cultura contadina e montanara era unitaria, era un sapere strettamente connesso col saper fare, la dura realtà non permetteva bluff o scorciatoie. Non bastavano abilitazioni professionali, patenti o titoli di studio: era necessario sapersela cavare con quel poco che si possedeva, inventandosi soluzioni e sfruttando in modo completo tutte le risorse disponibili. Le età dell’esistenza, dalla prima infanzia all’estrema vecchiaia, erano scandite da diverse occupazioni che comportavano gradi differenti di abilità, di forza, di impegno. Nessuno era inutile e niente era sprecato. Imparare un mestiere richiedeva anni di apprendistato attivo e il declino di forze della vecchiaia era compensato dal bagaglio di esperienza accumulato. Il delicato compito di seminare a spaglio i cereali era spesso riservato all’anziano, capace ancora di quel gesto automatico e regolare che garantiva uniformità nella distribuzione e quindi sufficienti raccolti.
Non era quindi uno sfruttamento insensato di vecchi e bambini, piuttosto la necessità e la consapevolezza di essere tutti utili, in una società in cui i margini di sopravvivenza erano molto ristretti.
Il montanaro era essenzialmente agricoltore e allevatore, ma era anche mille altre cose, per necessità, per istinto, per impossibilità di delegare ad altri problemi e incombenze. Era costruttore, muratore, falegname, boscaiolo. Ma anche musicista, narratore, architetto, a volte addirittura veterinario, erborista, medico o poeta.
Per passeggiare con consapevolezza fra le nostre borgate dobbiamo addentrarci un po’ in ognuno di questi diversi mondi – ora spesso rigidamente divisi da steccati invalicabili di competenze professionali, patenti, abilitazioni, corporazioni e gelosie varie – o almeno affacciarci con curiosità sull’uscio di ogni settore.