Bio-digestore? No, grazie!

La fregatura è contenuta già nelle parole, o meglio, nel modo di usarle. Perché ogni parola è inconsciamente associata a pensieri, emozioni, sensazioni buone o cattive, gradevoli o tristi. “Bio” lo associamo a carote e insalatine, a una forma di agricoltura pulita, a salute e vitalità, (non per niente bios in greco vuol dire proprio vita), ma messo davanti al sostantivo “digestore” significa invece enormi strutture ermetiche in cui batteri anaerobici degradano la sostanza organica in assenza di ossigeno producendo metano sporco (il cosiddetto biogas, che dovrà poi essere depurato).
Il resto sarà rilavorato per ottenere una cosa che, con parola orribile chiamano “digestato” da cui, per successiva lenta fermentazione aerobica si arriva eventualmente al “compost”. Un compost che non vorrei nel mio orto neppure se mi pagassero per prenderlo e che, comunque, si potrebbe ottenere molto più facilmente con una semplice fermentazione aerobica.
A proposito di orti e di compost, l’alternativa logica e davvero “ecologica” al mostro che chiamano biodigestore è appunto il compostaggio famigliare o di piccole comunità. Come mi era già capitato di scrivere anni fa, il compostaggio aerobico casalingo è davvero la soluzione al problema degli scarti organici e col tempo e la pazienza regala un terriccio splendido e sicuro. Col vantaggio di sapere cosa si mette nel mucchio, di non generare odori sgradevoli, di non richiedere trasporti. Da quasi mezzo secolo in famiglia non mettiamo nella spazzatura nessuno scarto organico e col “nostro” compost concimiamo orti e frutteti, facendo a meno di letame e concimi chimici.
È ovvio che non tutti hanno la fortuna di abitare in campagna e di avere orti e spazi, ma nei nostri paesi non sarebbe poi così difficile trovare aree adatte per gestire i rifiuti organici locali, senza portarli in giro per mezza provincia. Anche senza calcolare costi e inquinamento del trasporto di tonnellate di scarti, non credo sia mai una buona idea, dal punto di vista ambientale, quella di concentrare. Anche in questo campo, “piccolo è bello”. È quasi sempre più sostenibile una società diffusa, in collegamento diretto con la terra coltivata (che poi non è altro che quella che c’è sempre stata in passato nelle nostre zone). Il “bio” del futuro biodigestore non deve farci perdere di vista il peso economico ed ecologico del progetto, i rischi di inquinamento di aria e falde, la possibilità di cattivi odori, il deprezzamento di abitazioni e intere zone. Una pesante ipoteca per il nostro futuro.
Biodigestore vuol anche dire decine di camion che gireranno su e giù quotidianamente per la provincia per portare i rifiuti organici di tutti a Borgo. Autocarri che, presumibilmente, non vanno a essenza di lavanda, ma bruceranno tonnellate di gasolio (per carità, coi nuovissimi motori super-ecologici euro mille). Intanto, noi orgogliosi possessori di automezzi maggiorenni viaggiamo in libertà controllata e limitata e dovremo stare attentissimi per non cadere nelle trappole che stanno preparando i vari centri superiori ai 10 mila abitanti, Cuneo in prima linea.
Stanno spuntando ovunque cartelli di divieto, anche nelle frazioni, con scritte piccolissime, illeggibili dall’auto anche a velocità di pedone, che rendono inaccessibili praticamente tutte le strade del comune. Premessa per multe insensate, rispetto alla “colpa”. Un modo per far cassa a spese proprio di una categoria di cittadini che considero virtuosa e meritevole di rispetto.
Chi gira ancora con un mezzo di vecchia data è perché lo ha usato poco, scegliendo bici, piedi o i disastrati trasporti pubblici. O magari, si tiene l’auto vecchia perché non può o non vuole spendere un capitale per sostituirla periodicamente. O semplicemente non trova giusto cedere al ricatto delle lobbies industriali che vorrebbero che cambiassimo quotidianamente mezzi e attrezzature (poi sarà il turno di caldaie e abitazioni) per fare cassa, contrabbandando economia (loro) per ecologia.
Un discorso a parte, in cui non voglio entrare, è proprio quello economico. Soldi, tanti soldi, milioni di euro. Cifre con cui si potrebbero fare tante cose utili o indispensabili.
Cifre che non so con che criteri vengano calcolate e controllate. Ero insegnante di estimo e ho qualche idea su computi metrici e altre modalità di analizzare costi e benefici, ma sono sempre stato convinto che le acrobazie di matematica finanziaria servano soprattutto a giustificare con numeri incomprensibili ai più i risultati che si desidera ottenere a priori. Tanto, quello che interessa non è che la grande opera serva davvero, fornisca utili e ripaghi le spese, e neppure se abbia un senso economico o ecologico. Interessa solo farla, soprattutto adesso che arrivano camionate di euro con il PNRR.
Ci sono sempre meno soldi per la gestione ordinaria e la manutenzione, almeno a giudicare dallo stato delle strade e dalle liste d’attesa in sanità, ma si trovano sempre enormi capitali per grandi progetti: nuovi ospedali, nuove scuole, enormi biodigestori.
Eppure, viviamo in uno Stato con un debito pubblico difficile anche da immaginare o quantificare. Come se una persona indebitata fino al collo lesinasse sul centesimo per sostituire tegole o rubinetti che perdono e allo stesso tempo progettasse di costruirsi un grattacielo nel giardino.
Il biodigestore di Borgo non esiste ancora, ma mi sembra che puzzi già molto.

Pubblicato su La Guida del 2-3-023