Parlare di parole 1

Parlare di parole 1

“In principio era la Parola” è il famosissimo inizio del Vangelo di Giovanni, per me uno degli incipit più belli della letteratura di tutti i tempi.
Il mio, come sempre quando mi capita di parlare di passi biblici, è un giudizio da semplice lettore, al di fuori di ogni considerazione teologica o religiosa. Il prologo di Giovanni, testo di non facile comprensione tanto da essere stato definito “la parete nord della teologia”, ha un’innegabile musicalità e un’architettura allo stesso tempo semplice e complessa che ogni lettore attento può recepire e apprezzare.
La frase ha una valenza anche scientifica, nel senso che è proprio vero che all’origine della nostra storia c’è la parola e che l’uomo è diventato tale grazie al linguaggio, alla capacità di trasmettere e condividere informazioni. Gli studiosi ritengono che il genere homo sia presente sulla terra da qualche milione di anni, ma che sia rimasto per un periodo molto lungo senza distinguersi troppo dagli altri primati, fino al momento in cui, in tempi relativamente recenti, ha sviluppato la capacità di parlare.
Possiamo rivedere un riassunto della storia dell’uomo ogni volta che seguiamo le tappe dello sviluppo di un bambino, che ci offrono in pochi mesi il riepilogo di millenni di evoluzione umana. Osservare un figlio o un nipote che inizia a capire le parole, collegando ogni cosa o persona a una sequenza di suoni, e impara a parlare, inventandosi i suoi personali neologismi, è una delle meraviglie dell’esistenza e, per i nonni, una consolazione dei tanti guai della vecchiaia.
In Genesi uno dei compiti dell’uomo, oltre a custodire e coltivare il Giardino, è proprio quello di “dare il nome” a ogni essere vivente, diventando così partecipe dell’atto creativo. Dare il nome, nelle società di un tempo e nella cultura semita, aveva una valenza e un’importanza che oggi fatichiamo a comprendere: la distanza fra il parlare e il fare era allora molto minore di adesso.
Se leggiamo con attenzione il testo biblico notiamo che Dio crea il mondo parlando: “Dio disse: sia luce, e la luce fu”. La parola è azione, fa avvenire le cose, “crea”, nel senso pieno del termine. Genesi è un racconto di grande bellezza, in cui la profondità è nascosta dentro l’apparente semplicità. Fra le tante altre cose, ci regala anche una magnifica lezione sul potere della parola.
La storia dell’uomo è la storia della lingua, della progressiva capacità di esprimersi, comunicare e creare relazione. Perché la parola è dono dell’altro, ci arriva dall’esterno, anche se, sempre secondo Chomsky, si innesta su capacità innate, cioè su aree cerebrali predisposte. Un bambino tenuto isolato non impara a parlare, ha bisogno del travaso continuo di parole dalla madre e da chi lo circonda, per assorbire a poco a poco la capacità di capire e usare le parole. In questo senso, la lingua “materna” è il primo regalo che riceviamo, un qualcosa che ci porteremo addosso per tutta la vita e che ci legherà per sempre a una famiglia, a un popolo, a una storia.
Quando usiamo le parole noi definiamo le cose e diamo veste alle idee, ma nello stesso tempo, senza magari rendercene conto, stiamo anche definendo noi stessi.
Ogni parola che scelgo, infatti, dice qualcosa anche di me, in qualche modo mi identifica e mi “racconta”, sia come individuo che come gruppo. In questo senso, la parola è la nostra prima e principale carta d’identità, un biglietto da visita che ci presenta agli altri, molto più dell’aspetto o del modo di vestire. Quando incontriamo una persona nuova, la simpatia, l’attrazione, la complicità o, al contrario, la diffidenza, la difficoltà a relazionarci e fidarci nascono dalle cose che dice e da come le dice, molto più che dall’aspetto fisico, dal modo di vestire o di atteggiarsi.
Anche per questo motivo è importante fare la massima attenzione all’uso delle parole, cercare di usarle bene. È inutile evitare di uscir di casa spettinati o sporchi, far attenzione a vestiti e scarpe e poi dare un’immagine di noi stessi sciatta, trasandata, aggressiva, invadente, superficiale o supponente appena apriamo bocca.
E’ vero che la parola detta, scambiata, ha anche una componente fisica, visiva, acustica che si perde nello scritto e in parte anche nella comunicazione a distanza (e lo hanno sperimentato sulla propria pelle quest’anno insegnanti e allievi). Può essere accompagnata da un sorriso, da un gesto, risente del tono di voce. Parlare con qualcuno è molto più che articolare parole, come potrebbe fare l’assistente vocale del computer o del telefono, e coinvolge tutti i nostri sensi e le nostre facoltà. Ma, anche se accompagnata da gesti, espressioni del viso, sguardi cupi o sorrisi smaglianti, al centro della comunicazione c’è sempre lei, la parola, e quando ci relazioniamo col mondo lo facciamo attraverso parole.
Dobbiamo perciò “dar peso” alle parole, mettere in funzione il cervello prima di aprire la bocca, renderci conto che la parola, ogni singola parola, non è mai neutra, può fare del bene o del male, può guarire o uccidere, consolare o deprimere, avvicinare o allontanare.
La parola è anche il ponte fra pensiero e azione e rende possibili entrambi. Non è possibile infatti pensare con chiarezza se non si è capaci di parlare e scrivere con chiarezza. È la parola che dà forma ai pensieri e crea le azioni e non solo in senso figurato: con una parola ci sposiamo, compriamo casa, diamo o accettiamo un lavoro, prendiamo decisioni di importanza vitale.
Le parole hanno anche potere sul tempo e sullo spazio: se incontro un compagno delle elementari e insieme ricordiamo un episodio capitato ben oltre mezzo secolo fa, il nostro parlare ci riporta indietro, ci ridà per un attimo fiocchi azzurri e grembiulini scuri, maestre severe e calamai pieni di inchiostro nero. Allo stesso modo, le parole ci fanno viaggiare e ci portano lontano, alla faccia delle zone rosse e degli impedimenti di vario genere. O, al contrario, ci riportano vicino, ci fanno sentire tutto il calore di una presenza amica anche se arrivano dall’altra parte del mondo o addirittura da tempi ormai lontani e da persone che ormai da decenni non sono più con noi.
Tutti buoni motivi per dare a ogni singola parola tutta l’importanza, la cura e l’attenzione che merita.
(continua)

Pubblicato su La Guida del 21-1-021