Un anno di sane contraddizioni

Auguro a me e a tutti noi un anno di sane contraddizioni.
Mi rendo conto che, detto così, l’augurio è un po’ brusco e si presta a fraintendimenti. Può essere addirittura interpretato come un’invettiva malevola. È quindi necessario accompagnare la frase augurale con qualche parola di spiegazione per chiarirne il vero significato.
Premetto che, nella mia personale scala di valori, la coerenza, insieme a sua sorella gemella, l’onestà, occupa uno dei primissimi posti. Ma la coerenza non è cieca fedeltà a schemi mentali rigidi. È, piuttosto, la capacità di tenere insieme idee ed esigenze diverse, far convivere in armonia aspetti contradditori.
Per farmi capire, proverò ad elencare, senza pretesa di ordine e completezza, alcune delle apparenti contraddizioni che vorrei comprendere nei miei auguri di inizio d’anno.
Far stare insieme rigore e misericordia, accettare chi è diverso o viene da lontano senza rinunciare a nulla della nostra identità e della nostra storia.
Essere semplici senza essere banali, unire leggerezza e profondità.
Essere in grado di immaginare senza perdersi in fantasie vuote, lavorare con impegno e passione senza farsi mangiare la vita dal lavoro.
Vivere con intensità l’attimo presente senza tagliare le radici con il passato e senza dimenticarci le responsabilità di costruire un futuro sereno per le generazioni che verranno.
Saper essere rigorosi e severi quando serve senza perdere per strada tenerezza e compassione e, viceversa, saper essere comprensivi e tolleranti senza dimenticare che solo il rispetto di regole chiare e condivise garantisce la giustizia e una serena convivenza.
Saper essere flessibili quando è il caso e inflessibili in altre circostanze. La flessibilità, come tante altre parole, è termine bivalente, con un’anima buona e necessaria che può nascondere fregature e sfruttamento.
Interessarsi di politica senza essere “interessati”. Opporsi con determinazione al degrado della vita politica e amministrativa, all’esproprio dei beni comuni, alla crescente pazzia burocratica, alla disonestà istituzionalizzata di uno stato invadente e sprecone senza cadere nelle trappole dell’antipolitica e nelle mani rapaci di presunti salvatori della patria.
Contrastare la deriva finanziaria dell’economia e la follia autodistruttiva del neoliberismo senza lasciarsi attrarre da spacciatori di illusioni, da elargitori di redditi di cittadinanza, profeti del no-euro e venditori di soluzioni magiche.
Combattere l’Europa delle banche e della burocrazia senza distruggere il sogno e la lungimiranza di chi, negli anni difficili del dopoguerra aveva messo le basi per un’Europa dei popoli, terra di pace, di democrazia, di libera circolazione di idee, merci e persone.
Credere in una dimensione davvero locale di vita, cultura ed economia, senza scadere nel localismo ottuso, cieco e interessato di restauratori di false padanie.
Essere fattivamente contrari a ogni “grande opera”, a ogni ulteriore infrastruttura inutile e a ogni consumo di suolo agricolo senza cadere nella rete di Grilli parlanti e di altri spacciatori di illusori cambiamenti. Persone che utilizzano la sacrosanta “rabbia” della gente per costruirsi piedistalli e ritagliarsi posizioni di potere.
Perché (se mi permettete la prima divagazione del nuovo anno) la democrazia richiede fatica e attenzione, non si fa con un clic o con un touch. E cuntàcc, guarda caso, è un’esclamazione piemontese che ha preceduto di qualche secolo l’era digitale. Non c’entra nulla con tablet e smartphone, ma traduce bene il disappunto di chi, come me, ha un’avversione congenita per queste nostre appendici dotate di schermi e di voce, capaci di assorbire attenzione ed energia e farci vivere in uno stato di perenne distrazione. Sempre connessi ma sempre isolati, seppelliti da tonnellate di stimoli in grado di annullare ogni reale emozione e relazione. Pensare che per “fare democrazia” sia sufficiente toccare con l’indice zone sensibili di un piccolo schermo è illusione pericolosa e una trappola per catturare facili consensi.
Fra le contraddizioni augurali per il nuovo anno inserisco quindi anche la capacità di essere sconnessi ma fortemente collegati, di non farsi imprigionare dalla Rete, ma essere tessitori di relazioni e buoni collegamenti. L’equilibrio fra dentro e fuori, fra agire e riflettere, fra esprimersi e tacere, che diventa sempre più difficile e precario in questa società in cui si moltiplicano aggeggi parlanti in grado di catturare occhi, orecchie e attenzione e di occupare la mente con un continuo rumore di fondo.
Non c’è contraddizione nel pensare che l’unica vera forma di coerenza sia la capacità di percorrere lo stretto crinale fra opposte contraddizioni senza scivolare nei precipizi circostanti. In fondo, è tutta una questione di equilibrio e di armonia.
È anche nella natura ciclica dell’esistenza e della vita. Per riempire bisogna prima svuotare, per fare le cose in fretta bisogna andare con calma, per sentire musica e parole bisogna fare silenzio. Per essere davvero collegati bisogna saper essere sconnessi, per stare bene con gli altri è necessario prima saper vivere bene da soli (e viceversa, per godere davvero della solitudine occorre che sia popolata di buoni rapporti e relazioni).
La natura è fatta di albe e tramonti, estati ed inverni, morti e resurrezioni. Fin da tempi preistorici l’uomo ha modellato la sua vita adattandosi a questo andamento ciclico di attività e riposo, crescita e decrescita, espansione e contrazione. Il nostro tempo corre fra i due solstizi, e il Capodanno, assieme al Natale cristiano, arriva a dare significato a questa voglia di natura e uomo di ricominciare, di ripartire trovando la forza di lasciarsi alle spalle il peso e l’ingombro del passato.
È questo anche il senso di farsi gli auguri, scambiandosi “benedizioni” reciproche per l’anno nuovo.
Ora che i tempi si fanno difficili davvero (ma la cosa, ad affacciarci appena nella storia ha toccato quasi tutte le generazioni che ci hanno preceduto) è necessario saper tenere insieme esigenze contrastanti.
In tempi duri e contraddittori occorre saper vivere con coerenza la contraddizione.
Per questo, e in omaggio alla ciclicità di cui si è parlato, ritorno alla frase iniziale e auguro a tutti noi un anno di sane e proficue contraddizioni.

Cervasca, 1-2 gennaio 2017 Pubblicato su La Guida del 5-1-017