Grillo OGM

La lotta agli organismi geneticamente modificati e alla loro subdola diffusione in tutto il mondo era un caposaldo delle invettive del primo Grillo, quello ancora capace ogni tanto di far ridere e di dire qualcosa di sensato. In effetti, gli Ogm costituiscono un potenziale pericolo per salute e ambiente e soprattutto sono una vera e propria aberrazione giuridica di questi nostri tempi, in cui sempre più spesso il diritto è succube del dio mercato. Con sofisticati interventi di ingegneria genetica si cambia un pezzettino di DNA, il codice della vita, e si diventa di fatto proprietari di un intero essere vivente, come se l’avessimo creato noi dal nulla. Con un paragone letterario sarebbe l’equivalente di uno scrittore che prendesse La Divina Commedia o I Promessi Sposi, ne cambiasse un paio di vocaboli e poi sostenesse di essere lui l’autore, pretendendo pure il pagamento dei relativi diritti da eventuali lettori. La stessa cosa accade, senza neppure tanta fatica scientifica, brevettando cerali come il kamut o varietà di mele “proprietarie” escluse dalla libera coltivazione e commercializzazione.
Il miglioramento genetico diventa così l’ultima frontiera del businnes: dopo aver sfruttato la natura, gli animali e l’uomo, si arriva a far soldi anche giocando con la sorgente stessa della vita, quel codice che lega in un unico insieme tutti gli organismi del pianeta, dal più semplice al più complesso, dimostrando l’evidenza di un progetto complessivo di straordinaria varietà, ma anche di profonda unità.
Cosa c’entra tutto questo con l’ex comico prestato alla politica? L’associazione fra soia transgenica, mele “artificiali” e il guitto appesantito riciclatosi come capopolo mi è sembrata evidente proprio per un fatto capitato nella nostra Cuneo.
Con lettera raccomandata spedita il 6 novembre, Grillo ha di recente silurato il consigliere regionale Fabrizio Biolè, con tanto di  diffida avvocatizia e revoca dell’autorizzazione ad usare nomi e simboli del Movimento  di cui “lui” è proprietario. Il tutto perché il nostro Fabrizio ha osato manifestare il suo appoggio a una dissidente, anche lei rea di non aderire al pensiero unico del padre padrone e oggetto di una penosa battuta maschilista degna del peggior Berlusconi.
La cosa mi ha fatto pensare alla somiglianza fra gli squali della genetica e della finanza – che cercano di impadronirsi di salute e agricoltura – e gli squali della politica, che in nome dell’antipolitica si credono proprietari di pensieri e comportamenti di attivisti ed eletti.  A riprova che la supposta democrazia diretta del popolo della Rete non è altro che uno specchietto per le allodole e si muove comunque fra gli stretti vincoli di appartenenza incondizionata al modo di pensare e agli interessi del grande capo.
Da questo punto di vista, Grillo non è affatto il “nuovo” che avanza, ma è il “peggio” della seconda Repubblica da cui ha preso la volgarità del linguaggio, l’insulto contrabbandato come battuta (con risultati sempre penosi), un populismo confusionario e soprattutto la moda di identificare una formazione politica col nome di una persona. Cosa questa, a mio giudizio, inconciliabile con l’essenza stessa di democrazia e pericolosissima per le possibili derive autoritarie, già presenti in germe prima ancora di sfiorare l’approdo ai centri di potere istituzionali.
Costringere Biolè alle dimissioni è oltre tutto un insulto ai molti che l’hanno votato (783 preferenze, compresa la mia) stimandolo e conoscendolo come persona e affidandogli un mandato di rappresentanza che non può essere revocato da un Grillo qualunque.
Pubblicato su La Guida del 16 novembre 012