Non ditelo a Brunetta.

Non ditelo a Brunetta.
Sono un dipendente pubblico, quindi faccio parte della categoria dei fannulloni. E sono pure insegnante, vilipesa congrega di sfaticati che, secondo il ministro suddetto, godono già di un orario talmente ridotto da risultare tutti, per definizione, a tempo parziale. Quindi sono un superfannullone, o in termini matematici, un fannullone al quadrato…
…Ma (e qui viene il bello) ho un contratto di lavoro part time ciclico verticale. Una parola difficile per dire che mi faccio le vacanze un po’ più lunghe, rispetto a quelle già vergognosamente dilatate del corpo docente. In pratica ero stanco dell’eccesso di stipendio che notoriamente colpisce la categoria e per evitare problemi di investimenti finanziari, di liquidità e di crescita dell’inflazione, ho scelto di lavorare e guadagnare meno. Quindi, sono un fannullone al cubo.
Ma non basta, perché sono pure (per quel che può ancora significare il termine) di sinistra. E fa quattro, fannullone alla quarta potenza.
Sto meditando di iscrivermi alla CGIL, non solo per dovere di resistenza in questi tempi cupi, ma soprattutto per guadagnare un altro punticino al mio esponente e arrivare ad essere un fannullone alla quinta.
Roba da Guinnes dei primati. Un concentrato di tutti i problemi della Pubblica Amministrazione. La causa principale del disavanzo pubblico primario. Grazie a me, o meglio, per colpa mia, l’Italia non potrà rientrare nel patto di stabilità e sarà cacciata dall’Euro e dal G8 (non ditelo, per favore, neppure a Tremonti).
Penso a queste mie colpe mentre raccolgo i compiti in classe degli allievi di quarta. Siamo alla sesta ora, l’una e mezza, e gli alunni sciamano in fretta per non perdere l’autobus. Gli ultimi dieci minuti della mattinata sono sempre un incubo, con i trenta ragazzoni inscatolati per sei ore nello spazio ristretto di un’aula sottodimensionata che esplodono in attesa della scampanellata liberatoria.
Metto nella cartellina i trenta fogli protocollo. Insieme coi trentuno della terza fanno oltre sessanta elaborati, duecentoquaranta pagine di numeri e parole da controllare e valutare. Entro domani, perché a fine settimana ci sono gli scrutini del primo quadrimestre e bisogna ancora fare le medie, prevedere eventuali ricuperi, trascrivere i voti.
Faccio scivolare la busta con l’elastico nella borsa della bici e mi avvio verso Cervasca, casa e il sospirato pranzo. I fannulloni part time devono accontentarsi della bicicletta: costa poco, favorisce l’appetito e permette quel minimo di attività fisica che per i nullafacenti compensa l’inattività quotidiana. Sì, perché noi fannulloni dobbiamo star attenti alla forma: far nulla favorisce l’ipertensione e l’accumulo di colesterolo e se appena ci ammaliamo è la fine. Relegati in casa giorno e notte, col medico fiscale che ci spia travestito da tecnico del gas, pronto a sorprenderci sull’uscio se cerchiamo di evadere. Meglio prevenire e compensare con un po’ di moto tutto quello che non si è fatto nella giornata.
Pedalo nel gelo di questo inverno d’altri tempi e mi viene da pensare a lui, a Brunetta. Starà viaggiando al calduccio della sua auto blu, col corteo delle macchine di scorta, lampeggianti e sirene. Due davanti e due dietro, poliziotti in borghese con auricolare e occhiali scuri. Tipi tosti, ma scelti fra quelli di piccola stazza, per non creare paragoni imbarazzanti. Starà andando a Venezia, dove ha chiesto al Comune di mettergli a disposizione una casa in centro per curare i rapporti con l’elettorato. O in qualche altra delle sue numerose proprietà immobiliari.
Lui le colleziona, ha detto. Colleziona case, tenute, ville.
Io ho tutti i numeri di Topolino degli anni 70, invece. Li ha regalati un amico ai miei figli quando erano piccoli. Ho anche qualche copia di Bicisport dei tempi di Bugno e Chiappucci, Chioccioli e Indurain. Poi ho smesso, l’agonismo è diventato un fatto di biochimica e la rivista settimanale costava troppo. Ognuno colleziona quel che può.
Il Brunetta, prima di diventare famoso per le crociate e le esternazioni, ha fatto l’europarlamentare. Gente strapagata (soprattutto gli italiani, perché ognuno conserva il trattamento economico previsto dal paese d’origine) e che non si ammazza certo di lavoro. Nonostante il ridotto impegno, il nostro è riuscito a collezionare il cinquanta per cento di assenze.
Per continuare nel gioco dei paragoni (bisogna pure tenere la mente occupata con qualcosa mentre si pedala) penso che io, il fannullone per eccellenza, in trent’anni di servizio sono stato assente quasi solo in occasione dei (per fortuna) rari ricoveri ospedalieri. Sono andato in classe col raffreddore, la sciatica, la febbre, il mal di denti, dopo notti insonni, viaggi e indigestioni. Negli anni ottanta sono sceso più volte a far scuola con gli sci dalla mia borgata isolata. In questo inverno nevoso mi sono svegliato sovente alle cinque per liberare i duecento metri di strada privata che mi collegano al mondo. Per essere puntuale alle otto al suono della campanella.
Noi fannulloni a certe cose ci teniamo, non siamo gente che arriva in ritardo.
Brunetta, tempo fa, nella foga del discorso si era additato come un possibile futuro premio Nobel per l’economia (una sorta di autocandidatura che la dice lunga sulle caratteristiche psicologiche del soggetto). Non so valutare le competenze del ministro in quel campo, nonostante insegni, mio malgrado, proprio questa materia. Di certo, si potrebbe proporre per un contro-Nobel per la strategia.
Un capo, così come un insegnante nel suo piccolo, deve saper motivare i sottoposti, incentivarne l’interesse, renderli partecipi. Lo hanno capito perfino le industrie private. Il nostro, invece, preferisce far schioccare la frusta e urlare insulti, mostrando la finezza psicologica di un mercante di schiavi.
E poi si meraviglia se noi fannulloni non ci sentiamo troppo fieri di appartenere alla grande famiglia della Pubblica Amministrazione. “Un tornitore della Ferrari” è orgoglioso del proprio lavoro e se ne vanta coi figli ha detto, lamentandosi dell’atteggiamento contrario dei dipendenti statali.
A parte che di “tornitori” alla Ferrari non ce ne saranno poi così tanti, a parte che la Ferrari non è una fabbrichetta qualunque, resta il fatto che Montezemolo ha sufficiente intelligenza per non insultare in pubblico operai e impiegati.
Fra una riflessione e l’altra arrivo a casa. Pasta, verdura, caffè d’orzo, poi apro la cartellina verde dei compiti in classe. Duecentoquaranta fogli a quadretti pieni di grafie da decifrare. Nell’immediato dopo pranzo, un rischio grave di congestione.
Al diavolo, in fin dei conti sono un fannullone!
Richiudo il tutto, mi siedo davanti alla tastiera del portatile e inizio a scrivere. Viene fuori un breve testo, questo testo.
Non ditelo a Brunetta.

scritto il 10-1-09, pubblicato su Vivermeglio di febbraio 09