Il valore e i Valori

Ognuno di noi, nel corso della sua vita, si costruisce una personale scala di valori su cui modella le sue scelte, le sue simpatie e antipatie, i suoi sforzi e i suoi obiettivi.
Al di là di una base comune di valori fondamentali e irrinunciabili che fanno parte del nucleo originario di ogni coscienza, ciascuno può costruirsi una propria classifica, attribuendo diversa importanza a qualità e caratteristiche che vorrebbe possedere e ritrovare negli altri. Compresi, evidentemente, quelli a cui affidiamo il timone della cosa pubblica.
L’elenco dei valori non è fissato da nessuna regola: ognuno può aggiungerne, inventarne di nuovi, ridimensionare l’importanza di quelli che sembravano vitali e si sono rivelati secondari. Oppure mettere in prima fila caratteristiche in genere non valutate e considerate. È la benedizione della varietà e della libertà individuale (valori, questi sì, irrinunciabili) che ci regala una bellezza che non è mai uniformità e una ricchezza di sfumature che impreziosisce ogni vita e ogni idea.
Onestà, affidabilità, coerenza, fraternità, competenza, saggezza, sapienza, tolleranza, generosità, senso della giustizia, intelligenza, altruismo sono qualità che vengono subito in mente. Ma possiamo trovare importanti anche l’empatia, il senso del limite e della realtà, l’autoironia, la pazienza, la meticolosità, l’ampiezza di visione, la modestia, la non invadenza, la disponibilità, il rigore…
Anche caratteristiche diverse o addirittura contrastanti possono far parte dell’elenco. Uno può apprezzare la riservatezza, un altro preferire l’intraprendenza, c’è chi ama l’audacia e chi sceglie la prudenza, chi mette al primo posto la saggezza e chi pensa che senza un pizzico di follia l’esistenza sia troppo monotona.
Nella mia personale hit parade dei valori, un posto di primo piano lo occupano le due sorelle gemelle coerenza e onestà (che sono, in fondo, due facce della stessa medaglia).
Dire quello che si pensa, fare quello che si dice, ammettere i propri sbagli, prendersi le proprie responsabilità, mantenere le promesse, onorare la parola data. Tutte cose che sembrano passate di moda, soprattutto nel mondo di chi sta in alto a muovere le leve. Forse, questa eclisse dell’affidabilità è una conseguenza di un’epoca digitale in cui anche le parole hanno perso peso e consistenza, seppellite da immagini e suoni. Quando ci sono, sono spesso urlate, abbreviate, mutilate, infilzate a forza in brevi messaggi senza costrutto e destinate ad evaporare presto, senza lasciare tracce durature e senza costituire impegno. Dire, anzi, urlare una cosa e subito dopo smentirla o affermare il contrario è prassi che accomuna politici nostrani e d’oltreoceano e passa ormai inosservata. Nessuno pare chiedere conto ai vari Trump, Di Maio, Salvini (ma anche ai predecessori Renzi e Berlusconi) delle troppe contraddizioni, delle giravolte, dei contorsionismi mentali. In questo clima di generale sfiducia verso le istituzioni sembra che si dia per scontato che chi è al governo possa permettersi di dire tutto e il contrario di tutto e sia totalmente esonerato da ogni forma di coerenza o anche solo di logica.
Se in quest’epoca di disillusione e di crollo delle ideologie qualcuno è diventato talmente cinico e sfiduciato da non prestare più alcuna attenzione ai Valori, dovrebbe far caso almeno al valore. Nel senso più terra terra del termine, quello monetario. Perché a forza di ignorare e calpestare i Valori, quelli veri, si finisce di distruggere anche il valore, quello economico, spicciolo, fatto di risparmi, soldi, investimenti.
Per tanti motivi: l’incompetenza mescolata a massicce dosi di presunzione non aiuta certo a guidare un Paese in momenti difficili. Proclami e promesse, come le bugie, hanno le gambe corte e prima o poi presentano il conto. Passare il tempo a litigare, giocare con twitter, fare selfie o inseguire i sondaggi può creare un’effimera popolarità, ma non aiuta certo a concentrarsi sui problemi reali. Dare la colpa a chi c’era prima, a chi verrà dopo, a chi viene da fuori, a chi non vuole più star dentro, a Bruxelles, a Francoforte, ai poteri forti, ai giornalisti (la prima fase di ogni dittatura…), al Presidente della Repubblica, a chi si ostina a pensare con la propria testa invece che affidarsi ciecamente alla piattaforma Rousseau, a chi preferisce ancora dare la propria delega a un parlamentare in carne ed ossa piuttosto che impigliarsi nella dittatura della Rete e via discorrendo, può servire a distogliere temporaneamente l’attenzione già scarsa del pubblico, ma non risolve i problemi, anzi, li aggrava.
Tutte queste cose, certo, non aiutano la ripresa economica. Ma il motivo vero della distruzione del valore di risparmi e investimenti, operata in pochi mesi con straordinaria efficacia dallo strano trio che ci governa, sta principalmente nel fatto che il pilastro portante di ogni sistema economico si chiama fiducia. L’economia, cioè, funziona perché io, tu, tutti noi, ci fidiamo. Della moneta, delle banche, delle regole, dello Stato.
E il crollo del valore di azioni, obbligazioni e titoli del debito pubblico fotografa semplicemente questo crollo di fiducia in chi dirige l’economia e la politica italiana.
L’ormai tristemente famoso spread (differenziale fra i titoli di stato tedeschi e i BTP nostrani) è passato da 121 di inizio maggio a quasi 330 del 19 ottobre. L’indice MIB della Borsa di Milano è sceso nello stesso periodo da oltre 24 mila punti del 7 maggio a poco più di 18 mila del 24 ottobre, con un crollo di 6 mila punti, pari a quasi un quarto del valore di partenza. Traducendo in pratica, una persona con un capitale di 100 mila euro investito in titoli (magari i risparmi di una vita di lavoro) ora può trovarsi con un valore di poco più di 75 mila euro e con una buona fetta del suo investimento andato in fumo in meno di sei mesi. Sacrificato sull’altare dell’incompetenza, delle promesse vane, degli attacchi indiscriminati alle istituzioni sovranazionali da cui dipendiamo.
E lo Stato non se la passa meglio dei privati: una eventuale, molto ipotetica crescita economica sarà già tutta mangiata dai costi (né eventuali né ipotetici) per finanziare il debito pubblico con uno spread così elevato.
Il valore economico e i Valori morali sono cose diverse, che appartengono a ordini di grandezza differenti e a volte possono addirittura seguire dinamiche contrastanti. Ma sono legati dal comune denominatore della fiducia.
È la fiducia che muove l’economia e sono proprio i Valori, quelli con la V maiuscola, che stanno alla base della fiducia. Senza affidabilità, onestà, correttezza, competenza, buon senso non può esistere fiducia.
Per questo può capitare che, a forza di non far troppo caso ai Valori, si finisca di distruggere anche il valore dei nostri sudati risparmi e investimenti.

Pubblicato sul La Guida del 22-11-018