Ginnastica per invecchiare meglio

Invecchiare bene è questione di genetica, di fortuna e di ginnastica.
Per i primi due fattori possiamo farci poco, il terzo dipende anche dalla nostra volontà. Non sto parlando di flessioni e piegamenti, peraltro utili soprattutto per chi ha la sfortuna di non avere orti, frutteti, giardini, boschi e case cadenti che lo obbligano a quotidiani esercizi all’aria aperta. Neppure mi riferisco alla ginnastica mentale, parole crociate, enigmistica, giochi di memoria, sudoku e altri espedienti per rallentare l’invecchiamento dei pochi neuroni superstiti e magari tenere alla larga il compagno Alzheimer.
La necessità di una ginnastica, attività che richiede impegno, forza di volontà, costanza e concentrazione, nasce dal fatto che invecchiando si inizia a ragionare al contrario. E allora occorre sforzarsi di raddrizzare i pensieri. Si tratta solo di riportarli alla semplice evidenza della logica, non di scoprire universi sconosciuti o risolvere i dilemmi della fisica quantistica, ma la cosa non è sempre facile e richiede tutte le nostre riserve, spesso quasi esaurite, di volontà e determinazione.
Alcuni esempi possono chiarire il concetto.
Col passare degli anni ci si rende conto di non essere immortali. E di dover quindi, prima o poi, lasciare le cose, tutte le cose. Invece di prepararsi serenamente al distacco, come vorrebbe la logica, ci si preoccupa maggiormente dei beni che si potrebbero perdere. Ci si attacca alle minuzie, si diventa possessivi, taccagni: un tipico “pensiero storto” frutto dell’invecchiamento, che necessita di quotidiana ginnastica per essere raddrizzato o almeno ridimensionato. Persone che da giovani erano generose si ritrovano in vecchiaia a fare ragionamenti da spilorci; quando servirebbe fare apprendistato di distacco ci si sforza invece di accaparrare e ci si circonda di cose spesso inutili e comunque mentalmente ingombranti. Bisogna cercare allora di allargare mani e mente, fare una continua ginnastica di apertura e tolleranza, utile per opporsi alle naturali tendenze sclerotiche legate ai processi fisiologici di invecchiamento.
Un allenamento efficace è quello di provare a focalizzare lo sguardo sull’altro, invece di concentrarsi sui propri problemi che, moltiplicandosi con l’età finiscono di diventare una massa vischiosa che ci intrappola, risucchiandoci tutte le energie. Puntare l’attenzione su se stessi, peccato perdonabile in gioventù, diventa una trappola mortale in vecchiaia ed è comunque una soluzione perdente.
La tendenza illogica di accumulare può valere anche per fattori meno materiali, come il tempo. Col diminuire degli impegni, invece di regalarsi ritmi rilassati si finisce per affrettarsi ancora di più e si diventa intolleranti di ogni “contrattempo”.
Lo stesso vale per altre questioni: il “buon nome”, quel tanto o poco di “carriera” professionale o meno che si è fatta, l’eventuale piccola o grande notorietà. Tutte cose destinate in ogni caso a sciogliersi più rapidamente della neve di aprile e per le quali sarebbe saggio predisporsi mentalmente ad un tranquillo distacco. Invece l’invecchiamento rende permalosi, gelosi della fama altrui (sempre immeritata) e frustrati per il mancato riconoscimento dei propri meriti (sempre misconosciuti).
Si raccattano effimere sicurezze rifugiandosi in polizze assicurative, investimenti immobiliari, vacanze esotiche, conti di deposito. Si cerca lo sguardo e l’attenzione altrui con piccoli giochi di prestigio, con lavori di manutenzione straordinaria o di ristrutturazione al proprio corpo acciaccato, con exploit fisici o mentali destinati soprattutto a tranquillizzare se stessi. Insomma, si fa di tutto per non vivere con consapevolezza e serenità l’insegnamento del tempo che passa.
Qualcuno diventa bigotto e cerca di guadagnarsi un ritaglio di paradiso con giaculatorie e litanie, qualcun altro parte per l’oriente e si affida a promesse di reincarnazione, altri fanno finta di niente e si immaginano eterni ragazzi cercando di non guardarsi mai allo specchio.
Il vecchio (ora, in epoca di eufemismi obbligatori e di ipocrisia dilagante si parla di anziano, ma la sostanza non cambia) è per natura conservatore. Anche perchè vive lo sforzo quotidiano di conservare se stesso e la propria immagine. Conservare è verbo dalle molte facce, alcune sorridenti, altre ingannevoli o addirittura feroci. Di certo, è ambizione relativa, è un ridimensionamento degli obiettivi di partenza, un salviamo il salvabile. E’ un tipico vocabolo autunnale, non si adatta alla giovinezza e alla primavera. In fondo, un falso obiettivo, perchè, con terminologia attuale, siamo tutti vuoti a perdere e col contratto a tempo determinato in perenne scadenza.
La ginnastica può aiutarci a correggere la mira, a capire che forse avevamo indirizzato molti sforzi nella direzione sbagliata. Può anche aiutarci a capire che di cose da imparare non ne mancano, nella fase di invecchiamento. L’autunno è stagione di frutti, non solo di foglie morte, può servirci a tarare meglio la nostra personale scala di valori.
Forse, il tempo del rallentamento, della debolezza e della stanchezza ci è dato per capire quanto fosse necessario rivolgere lo sguardo fuori da noi stessi e dal nostro piccolo orizzonte.
Forse, è anche l’occasione per capire quanto poco abbiamo saputo godere, saputo condividere e saputo ringraziare per il tempo concesso e per le persone incontrate per strada.

Pubblicato sul Granello del luglio 014