Sette grandi “grazie” più uno
“Grazie” è una parola bella, che deve accompagnarci in ogni fase della nostra vita. È la parola che fa da sfondo e da anima dell’articolo di apertura dello scorso numero della Guida, in cui Ezio Bernardi comunica il passaggio di consegne al nuovo direttore Massimiliano Cavallo.
“Grazie” sembra parola comune, che spesso sprechiamo per le piccole cose della quotidianità, ma in realtà ha anima nello stesso tempo semplice e complessa, leggera e profonda, con mille diverse sfumature ma con un’unica dimensione: la riconoscenza.
Vorrei tradurre questa gratitudine nei confronti di Ezio in sette “grazie”.
Il primo grande grazie è da lettore. I giornali nelle loro varie declinazioni (quotidiani, settimanali, mensili) sono i veri guardiani della democrazia. Lo dimostra il semplice fatto che il primo passo di qualsiasi dittatura è sempre quello di soffocare la libertà di stampa e di espressione. Anche in tempi di social e internet, è ancora la stampa, in formato cartaceo o digitale, che plasma la coscienza civica, educa ed allena alla libertà.
Il secondo grazie è da provinciale e da “paesano”, cioè da felice abitante di uno dei tanti paesi della nostra bellissima e variegata provincia. Già l’aveva intuito Cesare Pavese, che “un paese ci vuole”, ma noi cittadini del terzo millennio lo sentiamo ancora di più e in modo a volte gioioso, a volte quasi drammatico. Paese vuol dire conoscersi e riconoscersi, avere a cuore i beni “comuni”, parlarsi in lingua locale e non in quel triste esperanto globalizzato definito “inglese”, poter contare sugli altri e interessarsi in modo positivo e discreto dei fatti altrui.
Per questa dimensione di provincia e di paese è indispensabile la stampa definita “locale”. Aggettivo che spesso è inteso in senso limitativo o addirittura dispregiativo, ma che, al contrario, definisce la vera funzione e qualità del giornalismo. Per essere davvero cittadini del mondo dobbiamo partire da casa nostra, dal “prossimo”, cioè da chi ci sta più vicino. Solo così potremo raggiungere una dimensione globale.
Il terzo grazie è proprio per l’apertura a trecentosessanta gradi, per aver saputo tenere insieme in modo armonico voci e idee diverse, senza perdere per strada la propria identità. Tutti sono capaci a essere solo innovatori o solo conservatori; il difficile è dare spazio in modo corretto a voci diverse, discordanti e a volte dissonanti, senza smarrire il proprio fondamento e la propria anima. Tener insieme apertura e rigore, locale e globale, vecchio e nuovo.
Il quarto grande grazie è da occasionale collaboratore della Guida. Senza la sensibilità, l’apertura, la disponibilità di Ezio non credo che avrei mai potuto tradurre le mie idee vaganti in colonne a stampa. Un qualsiasi giornale nasce e vive dalla collaborazione fra giornalisti, in senso professionale del termine, e pubblico, nel senso di fruitori del giornale. Ma noi lettori non siamo solamente parte passiva, possiamo interagire, dire la nostra, eventualmente dissentire, a volte “collaborare”. Un vero giornale non è mai un monologo, ma un dialogo a più voci. Il grazie a Ezio è quindi per aver plasmato un settimanale inclusivo e mai esclusivo, e nel mio caso personale, per aver dato spazio alle mie divagazioni. Scrivere crea e mantiene relazioni e essere ospitati su un settimanale è stato per me un grande regalo e una bellissima opportunità. Chi scrive, anche nel caso del più intimo e segreto dei diari, lo fa sempre per parlare con gli altri, oltre che per incapacità di comunicare altrimenti, e il vero giornalismo ha anche la funzione di “dare voce” a tutti noi, gente comune, permettendoci di “collaborare”.
Il quinto grazie è da uomo di (poca) fede, ma di tanta speranza. La Guida, settimanale diocesano, ha saputo negli anni accompagnare in modo discreto e mai invadente, propositivo e mai impositivo, anche quel personalissimo percorso spirituale che intraprendiamo dall’infanzia fino alla vecchiaia. È stata davvero un buon compagno di viaggio.
Il sesto grazie è da “muntagnìn” e da contadino dilettante. Ancora negli anni settanta del Novecento la nostra montagna e anche la campagna erano davvero il “mondo dei vinti”, oggi diremmo degli “sfigati”, dei disperati, degli illusi. Il lento percorso verso la comprensione dell’immenso valore culturale, paesaggistico e sociale della montagna e dell’agricoltura è passato anche dalle pagine della Guida, dal grande spazio dato nei decenni alle valli e ai problemi e opportunità del mondo dei campi.
Il settimo grazie è da appassionato di storia locale, di quella dimensione della storia che si interessa della gente comune e dei luoghi periferici e che è una delle facce dell’amore per i nostri posti.
L’ultimo grande grazie è da amico. Con Ezio avevamo condiviso anni di scuola nel seminario vescovile degli anni sessanta del Novecento e ci siamo ritrovati decenni dopo, cambiati, certo, ma ancora “noi”.
Un’amicizia antica e nello stesso tempo sempre nuova, per cui devo davvero ringraziare.
Pubblicato su La Guida del 18 settembre 025