Borgate delle valli Grana e Stura

Quando penso alle nostre montagne, non mi viene in mente la piramide del Monviso innevato o il profilo inconfondibile del Corno Stella: la montagna “vera”, per me, è quella in cui vivono o vivevano donne, uomini e animali. La montagna antropizzata, fatta di sentieri, borgate, case, stalle, fienili, prati, alberi. E naturalmente, delle persone che la abitavano e ancora la abitano nel quotidiano e delle loro relazioni e attività, materiali e spirituali.

Se si vuole cercare di capire com’era un tempo la montagna del cuneese bisogna conoscere “dal di dentro” la realtà delle borgate. In un mondo in cui la vita quotidiana era caratterizzata da scarsi spostamenti e i luoghi in cui vivere erano scelti in funzione delle potenzialità agricole del territorio, la vera dimensione di appartenenza era la borgata e il comune era organizzato come un insieme di borgate

Nel passato, infatti, le valli sono state caratterizzate da una elevata popolazione, ma soprattutto, da una società diffusa, sparsa in piccoli nuclei abitativi a presidio di un territorio utilizzato con intensità e con cura.

Non esiste un censimento delle borgate abbandonate delle valli del cuneese. E non esiste neppure la percezione di quanto questo patrimonio sia immenso, sconosciuto e in pericolo, anzi, in buona parte già scomparso o compromesso. Una grande perdita per tutti noi e un danno irreparabile per il paesaggio

Infatti, il paesaggio delle Alpi non è “naturale”, ma è quello che gli studiosi chiamano paesaggio “culturale”, nato dall’interazione dei fattori geografici e ambientali con il lavoro dell’uomo, che ne ha modificato le caratteristiche con rispetto e armonia.