Spiccioli di economia 10 L’economia di Salomone

L’economia è ritenuta una scienza “giovane”, nata nel 1700 con gli sforzi di Smith e soci di dare veste sistematica agli abbozzi di idee accatastate in modo disordinato nei secoli precedenti. Proprio Smith e Ricardo sono considerati i padri fondatori della prolifica ed eterogenea stirpe degli economisti che continua ancor oggi a generare teorie e proporre soluzioni ai vecchi e mai risolti problemi.
In realtà, l’idea che l’antichità non ci regali, oltre a molte altre perle di sapienza, anche sagge regole economiche mi sembra possa essere smentita proprio leggendo quello che, per antonomasia, è considerato “il” libro: la Bibbia.
Molte massime contenute nel libro dei Proverbi e nel Qoelet sono attribuite al Re Salomone, vissuto quasi mille anni prima di Cristo. Paternità fittizia e contestata dagli studiosi su basi linguistiche e storiche, ma indicativa e importante. Non si tratta, infatti, di una attribuzione fraudolenta: a quei tempi era normale presentare testi anonimi come scritti da grandi personalità per avvalorarne i contenuti e Salomone era considerato l’emblema stesso della saggezza e della giustizia umana. Qualcuno dei proverbi più antichi poi, potrebbe risalire realmente al sovrano, giustificandone la paternità su tutto il libro.
Proverbi e Qoelet sono una lettura solo apparentemente semplice, che esula del tutto dalle mie competenze. Sono testi che hanno una valenza spirituale che va oltre la prima apparenza. Mi limito, quindi, a sottolineare qualche aspetto che sfiora o interessa questioni economiche. Anche dalla Bibbia si possono raccattare “spiccioli” d’economia.
In Qoelet 11 si legge: “Getta il tuo pane sulle acque, perché con il tempo lo ritroverai” e subito dopo: “Fanne sette o otto parti, perché non sai quale sciagura potrà succedere sulla terra”. Due frasi consecutive con due suggerimenti contrastanti: un invito al coraggio, anzi, a non avere paura di un po’ di sana follia la prima, un consiglio di prudenza, la seconda.
Vorrei soffermarmi sul primo versetto, perché lo trovo davvero straordinario. È un incoraggiamento a non avere paura di rischiare, ad avere fiducia. In termini economici, un invito a investire.
Senza un pizzico di fantasia, coraggio, incoscienza non ci sarebbe stata nessuna grande impresa nuova. Non sarebbe nata nessuna delle grandi aziende che conosciamo e hanno contribuito, pur con tutti i loro difetti, al progredire dell’uomo.
Lo stesso concetto è ripreso poco più avanti con l’osservazione che “chi bada al vento non semina mai e chi guarda le nuvole non miete”. Le semine dei cereali si facevano a spaglio, fino a pochi decenni fa, ed era importante, oltre all’esperienza e all’abilità del seminatore, lavorare in assenza di vento, in modo da spargere i semi in modo uniforme. Ma attendere all’infinito le condizioni ottimali per seminare o raccogliere poteva risultare controproducente. Bisogna saper prendere decisioni, quando è il caso, senza rimandare e senza pretendere condizioni perfette.
Un invito a lavorare con quello che si ha, col materiale disponibile, nelle situazioni concrete che si presentano, senza usare l’imperfezione come scusa per il non fare.
Anche nel libro dei Proverbi ci sono spunti di riflessione su temi economici molto attuali. “Le ricchezze accumulate in fretta diminuiscono/ chi le raduna a poco a poco le accresce” (13,11) sembra un invito a lasciare il mondo effimero della finanza, del trading veloce, della speculazione per ritornare al terreno solido di un’economia “lenta”. Ma nel versetto successivo si consiglia di non rinunciare all’oggi per un ipotetico domani: “un’attesa troppo prolungata fa male al cuore”.
“Un uomo di poco conto che basta a se stesso / vale di più di un uomo esaltato a cui manca il pane” (12,9) è un invito all’autosufficienza e alla concretezza, a dare la precedenza ai bisogni primari e ad avere una corretta scala di valori.
“Il giusto ha cura del suo bestiame / ma i sentimenti degli empi sono spietati” (12,10) è un versetto che ci ricorda che anche agli animali è dovuto rispetto e attenzione; la mancanza di pietà e di cura per qualsiasi essere vivente è tipica degli “empi” (parola usata ormai solo più nei testi biblici e di definizione non facile, il contrario di “giusto”.
Una caratteristica interessante è il susseguirsi di frasi quasi contrapposte, che sembrano correggersi a vicenda. La fretta è un male, ma lo è anche l’attesa infinita. Bisogna avere coraggio o addirittura un po’ di follia, ma non dimenticare la sana prudenza.
Una serie di contrapposizioni che non sono casuali. Ci dicono che la verità è sempre troppo grande per star chiusa in una manciata di parole. Per questo, ogni lettura di una singola frase staccata dal contesto è pericolosa e può portare a interpretazioni sbagliate e “fondamentaliste”.
La via corretta passa per la ricerca di un equilibrio difficile e instabile, ma indispensabile.
Coraggio e prudenza, determinazione e pazienza, tempismo e capacità di attesa, godere l’oggi ma essere previdenti per il domani. La ricetta giusta mescola in modo corretto ingredienti diversi e spesso contrapposti.
Perché l’economia, come del resto la vita, è un po’ come andare in bicicletta: una continua ricerca di un equilibrio continuamente perturbato che si può ottenere solo continuando a pedalare.

Pubblicato su la Guida del 22 febbraio 018